venerdì 29 aprile 2016

Tabula rasa

E' paradossale (e deprimente, ma anche divertente a seconda da dove la si guardi) constatare che con chiunque tu parli che si consideri "alternativo" o addirittura "anarchico", i ragionamenti che senti son sempre i soliti, e coincidono con quelli che la propaganda smercia quotidianamente attraverso i canali "tradizionali" di tv radio e giornali: stato corrotto ed esoso, italiano amorale, chiesa ingerente etc etc.

Ecco perché il vero problema da risolvere sta nella cultura e non nelle ricette tecniche.


martedì 26 aprile 2016

Siamo in tesi?

Nell'ultima settimana ho avuto più visite dall'estero che dall'Italia, U.S.A su tutti.
E ben due terzi contro uno, e stranamente quasi un terzo dal Portogallo. Probabile siano tesi sul Risorgimento.
Credo che l'aspetto più importante su cui costruire una tesi del Risorgimento sia quello della difesa del proprio territorio dalle ingerenze di attori stranieri.
Oggi come oggi questa ingerenza si manifesta attraverso una utopica melassa culturale che vorrebbe l'uomo omogeneizzato, monoculturalizzato, pronto ad accettare qualsiasi mangime, alimentare, tecnologico, informativo, sanitario etc etc, che gli venga proposto.

Solo la diversità dà possibilità di scelta.
Ripeto: SOLO LA DIVERSITA' DA' POSSIBILITA' DI SCELTA

Senza scelta la vita si riduce a scorrere del tempo nell'attesa dell'inevitabile.
La razza umana deve poter mantenere delle diversità per potere divergere e attuare scelte differenti.
Alcune porteranno a vicoli ciechi e verranno abbandonate, altre a sbocchi inaspettati e ci sarà emancipazione dalle forze disgreganti della natura.
Solo uno scambio limitato e sotto controllo di lignaggi culturali diversi porta a miglioramento.
L'irrompere incontrollato e massiccio di culture diverse porta solo disgregazione e distruzione.

Il mito del melting pot è solo un mito, esattamente come il "Dio a immagine e somiglianza", il "superuomo" e "la pace nel mondo".

Portiamo all'estremo il concetto facendo un'analogia tra cultura e specie: poniamo che vi sia una specie sola animale e una vegetale; che ti magni? spinaci tutto il giorno?
Oppure se sei carnivoro che ti magni? il tuo simile? e può durare? e se si ammala lo spinacio? e se si ammala...il...il coso...lì, come lo chiamiamo? U.F.O? Umano Fenotipo omogeneo? un raffreddore "nuovo" e fine dell'U.F.O?...ma dai?!

(...)E' difficile immaginare cosa succederebbe senza la diversità biologica, perché la vita di ogni organismo dipende da quella di altri organismi. (...) J. Duprè (2007)

Trasportiamo il tutto in cultura e risulta chiaro come i confini, economici, politici e giurisdizionali, siano e restino un bene per l'umanità (naturalmente non devono essere impermeabili).

Buona tesi a tutti.

venerdì 22 aprile 2016

Francesco sulla via da Damasco.

Ma perché Zio Francesco deve dire queste stupidaggini?

"La più grande catastrofe umanitaria dopo la II°WW"

Francy, studia la storia. Capisco che crei qualche problemino studiarla -- la genesi, il mondo in, no uno ma sette giorni (chi mi conosce capirà) etc etc, ma non è possibile spararle così grosse.
Cito solo; la riforma ("Dobbiamo fareee le riformeeee") agraria di Mao in cina negli anni'50 (dai 30 ai 40 Mln di morti. Si avete letto bene daitrentaaiquarantamilionidimorti), e la presa di potere dei Khmer rossi in Campuchea ("solamente" 2,5 Mln), e molte altre.

Io lo dico ai cattolici che forse mi leggono: di questo passo diventerete una setta.

Ossss...


martedì 19 aprile 2016

"L'Italia va male perché non ha fatto le riformeeee!!!"

Questa pare sia un 'ottima analisi che rende l'idea e sfata alcuni miti, primo fra tutti quello che "Non abbiamo fatto le riformeee!"
Ecco le riforme, ne volete ancora? Siii? Eh, si sa, l'italiano è fuuurbooo!
Queste sono solo le ultima due del mercato del lavoro. Poi c'è quella ancor più fondamentale che fu fatta nell'81 e che ci tolse la nostra banca per consegnarla nelle "disinteressate" mani del libero mercato. Ma anche quella delle pensioni non è stata mica male eh.
Ora a fine anno arriverà quella che ci darà il colpo di grazia; quella costituzionale.
Per ora diamo un'occhiata a cosa voglia dire "fare le riforme" come se il fatto di farle fosse utile a prescindere.

(....) L’accordo del luglio 1993 principalmente voluto dall’allora capo del governo, Carlo Azeglio Ciampi, era esplicitamente finalizzato alla riduzione della spirale inflazionistica attraverso la moderazione salariale e ad altri interventi, quali la politica dei redditi, la crescita degli investimenti innovativi, e l’aumento di produttività. Tuttavia, come molti economisti hanno dimostrato, la maggior parte dei risultati attesi di questo accordo non sono stati raggiunti. Al contrario, la politica di moderazione salariale e di conseguenza la disinflazione hanno avuto successo (Boeri, 2000; Rossi e Sestito 2000, Lilla, 2005). Al termine di questo processo di cambiamento, nel mercato del lavoro italiano è stata introdotta una maggiore flessibilità attraverso il cosiddetto “Pacchetto Treu” (Legge n. 196 nel 1997) e la legge n. 30 del 2003 (nota come “Legge Biagi”) che ha promosso innovazioni radicali nelle forme contrattuali di lavoro e nel mercato del lavoro in generale.(...)

(...)In Italia, esiste un divario ben noto tra la dimensione della flessibilità, ora ampiamente introdotta, e la dimensione della sicurezza sociale, in quanto l’attuale sistema di indennità di disoccupazione è complesso, frammentato e disorganizzato e non in grado di coprire e sostenere tutti i disoccupati. Una situazione del genere non è stata effettivamente risolta dalla recente riforma e dall’introduzione da parte del Ministro del Lavoro Fornero di un nuovo strumento sociale chiamato “Aspi” (una nuova indennità di disoccupazione) con la Legge n. 92 del giugno 2012. Nei fatti, quest’ultimo non ha ampliato la platea degli aventi diritto ai sussidi di disoccupazione, che rimangono legati alla condizione di aver posseduto un contratto di lavoro nei due anni precedenti alla data di disoccupazione. Inoltre, questo sussidio di disoccupazione ha una durata limitata (otto mesi rispetto a quattro anni in Danimarca o due anni in media nella UE-15) e non copre tutti i lavoratori indipendenti (i cosiddetti CO.CO.CO. o CO.CO.PRO.) che hanno terminato di lavorare per un certo progetto, collaboratori, lavoratori atipici e precari, che anzi costituiscono una grande parte di nuovi posti di lavoro, soprattutto tra i giovani. Infine, il sistema italiano di sostegno alla disoccupazione non è collegato, in generale, alle politiche attive, come i programmi di integrazione nel mercato del lavoro, i programmi di ricerca di posti di lavoro e di formazione in grado di agevolare l’ingresso nel mercato dei disoccupati. (...)

(...)Gli autori delle principali riforme del mercato del lavoro italiano, hanno più volte ricordato che quelle riforme erano incomplete perche mancavano di quei contrappesi tipici di un modello di flexicurity (flessibilità e sicurezza) promosso in seno all’UE: in sostanza si è sempre ricordato che in Italia si sarebbe dovuto introdurre, dopo le riforme del 1997 e del 2003 più sicurezza e maggiore welfare, per adeguare la componente sicurezza alla flessibilità del lavoro in entrata già introdotta. A dispetto di ciò, il Jobs Act decide di introdurre anche flessibilità in uscita con la riduzione della protezione dell’art. 18.(...)

(...)L’accordo del luglio 1993, in sostanza, ha contribuito alla stagnazione dei salari a livello nazionale. In seguito, sotto la pressione delle due principali novità legislative nel mercato del lavoro richiamate sopra (quella del 1997 e quella del 2003), la flessibilità del lavoro, in particolare “in entrata” è aumentata in modo consistente; il lavoro a termine, il lavoro precario e tutte le forme atipiche di lavoro sono esplose (Tronti, 2005; Lilla, 2005; Torrini, 2005; Rossi e Sestito 2000). Il processo è stato completato di recente con la legge del giugno 2012 che ha introdotto forme di flessibilità del lavoro “in uscita” riducendo l’applicabilità dell’art.18 citato. (...)

(...)La relazione fra grado di protezione dell’impiego (o flessibilità) e livelli di occupazione non trova, nella letteratura economica, risultati univoci. Diversi economisti hanno esplorato questo argomento (Scarpetta, 1996; Elmeskov et al., 1998; Nickell, 2008; Nunziata, 2003), ma le conclusioni raggiunte non consentono di trovare una risposta definitiva. A livello empirico tuttavia, i dati di seguito riportati sono chiari: non c’è alcuna relazione tra i tassi di occupazione e la flessibilità (indice EPL dell’OCSE).(...) 

 (...)Appare chiara una forte diminuzione del livello della domanda aggregata (DA) causata da un restringimento drammatico dei consumi (C) che a sua volta è causato dalla sensibile riduzione della quota salariale (QS), dalla marcata diminuzione del salario indiretto (SI), vale a dire la spesa pubblica (G), in particolare nelle dimensioni sociali (DS), dall’aumento della disuguaglianza (DISUG) e dalla pressione sul lavoro (L) e sui salari (S) causata da una forte flessibilità del lavoro (FL) e dalla conseguente creazione di posti di lavoro precari (LP). Il calo della domanda aggregata è la causa principale alla base del calo del PIL e della recessione in corso in Italia.(...)

(...)La questione della quota dei salari in calo nelle economie avanzate è già stata sollevata da diversi contributi eterodossi come quelli di Barba e Pivetti (2009), Stockhammer (2013), Fitoussi e Saraceno (2010), Fitoussi e Stiglitz (2009), Brancaccio e Fontana, (2011), i quali sottolineano 73 Riforme del mercato del lavoro, occupazione e produttività: un confronto tra l’Italia e l’Europa come alla base di questo declino ci siano problemi strutturali dei sistemi economici delle economie avanzate.  Tali questioni strutturali sono le cause profonde della crisi globale e si riferiscono alla polarizzazione nella distribuzione del reddito e alla disuguaglianza che ha indebolito i consumi e la domanda aggregata nelle economie. Il declino del salario, è al tempo stesso in stretta correlazione con il processo di finanziarizzazione che ha avuto luogo da circa 30 anni a questa parte negli Stati Uniti e più recentemente in Europa (Tridico, 2012). In breve, l’ipotesi è che la domanda aggregata, che non è stata sostenuta da salari adeguati, e da investimenti produttivi, ha utilizzato i canali finanziari e di credito per sostenere i consumi. Un tale consumo si è rivelato instabile e non in grado di garantire sostegno a lungo termine alla domanda aggregata. In particolare dopo lo scoppio della bolla nel 2007, quando il settore finanziario ha ridotto il credito sia per gli investimenti che per i consumi, la domanda aggregata è crollata ulteriormente e il declino del Pil è stato inevitabile. (...)

Questa relazione sarebbe utile leggerla tutta in quanto contiene una serie di grafici imperdibili per capire quanto la parte migliore di questo paese sia stato svenduta al potere del capitale delle classi che stanno in cima alla piramide.

http://host.uniroma3.it/centri/jeanmonnet/pdf/Contributo%20Tridico%20Sindacalismo%20n.28.pdf

domenica 17 aprile 2016

Il bue sta dicendo cornuto all'asino

Ultimamente mi capita di notare con sempre maggiore insistenza al massacro quotidiano dell'attore politico per eccellenza; l'eletto del popolo.
All'eletto dal popolo tocca una sorte cinica e paradossale; studiare, organizzare e porre in atto una serie di circostanze le quali daranno l'opportunità a chi sapesse sfruttarle di arricchirsi in modo esagerato (tali da dominare il sistema).
Eh si, perché la dinamica sociale è sempre la solita se non c'è un costante intervento "artificiale" e anticiclico;  la ricchezza porta potere e il potere porta ricchezza -- e questo dimostra come la cultura, intesa nell'accezione di sapere tramandato, debba sempre tendere a spezzare le forze cosiddette naturali e cicliche. Debba cioè dimostrare che il libero arbitrio esiste e ha la possibilità di manifestarsi (libero arbitrio non fa rima con egoismo, o almeno non solo con quello).
Ma torniamo alla ricchezza e al potere. Non credo sia difficile immaginarsi come mai chi possiede la ricchezza detenga anche il potere reale. Specifico reale in quanto tutti sappiamo cosa ci sia scritto sulla costituzione: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione." 
Che figata eh, "la sovranità appartiene al popolo", ma anche "fondata sul lavoro" non è male.
Siamo talmente lontani da quei paradigmi che riflettendoci pare quasi non abbiano senso. 

(Apro una parentesi mooolto lunga, che vedrò di trattare poi in modo specifico, e che sarebbe il succo del confronto filosofico odierno. Se c'è una costituzione scritta significa che servono delle linee guida, cioè un intervento sulle forze manifeste, perché se non servisse un intervento, non servirebbe una costituzione no?!
Le forze naturali (universali) lasciate libere a se stesse si manifestano soprattutto attraverso tutto ciò che è fuori dal libero arbitrio, altrimenti i "liberi arbitrii" sarebbero forze della natura e allora non ha più alcun senso capire, in quanto la comprensione stessa degli eventi sarebbe manifestazione delle forze naturali e sarebbe un capire tautologico, cioè un non capire, tautologico cioè fine a se stesso, cioè sterile, incapace di promuovere alcunchè.
Quindi la costituzione è, per ora, la conquista più importante, più aderente, all'uomo moderno, cioè quell'uomo che si è evoluto anche nella sua forma mentis -- di quanto lo abbia fatto non è lecito stabilirne un ordine di grandezza certo. Sicuramente non di molto visto che continua a fare quasi tutti gli sbagli che lo riportano a epoche storiche e preistoriche considerate superate. e che per intraprendere la giusta via ha bisogno di sbattere il muso fino alle estreme conseguenze).

Ma torniamo al potere; dovrebbe essere abbastanza chiaro che la detenzione di ricchezze favolose permette a chi le possiede di poter influenzare il processo democratico (lo possiamo vedere tutti i santi giorni da una trentina di anni a questa parte, "a coruzzzzione" si manifesta quasi sempre con qualcuno che ha tanti soldi che "corompe" l'eletto dal popolo per ottenere; leggi a favore, sgravi fiscali, appalti milionari etc etc.
Ma non solo, può intervenire nel processo democratico accorpando buona parte dell'informazione e indirizzando l'epistemologia dell'informazione.
E i risultati li possiamo verificare quotidianamente; se voi doveste chiedere a chicchessia quali sono le ragioni della nostra decadenza, tutti risponderanno che la colpa è dei politici che prendono troppi soldi o/e che si fanno corrompere (pensa se dovessero prenderne pochi.

(Add:  Mi sono accorto solo ora che c'era un link in libertà, boh!!? Comunque eliminato.)

Intanto potremmo notare come l'informazione tutta, marci al rullo di questo mantra; "Politici corrotti! Politici esosi per il sistema!"
Tutta l'informazione cammina al passo (io nella mia beata ignoranza avevo iniziato a pensarlo agli albori del cambio di passo sistemico degli anni '80 perché è ciò che per primo balzava agli occhi. Ho iniziato a farmi delle domande quando ho iniziato a notare che il paradigma stava diventando monologo  monotono e pervasivo).
La grande illusione è proprio questa; distogliere l'attenzione da ciò che è immenso e portarla a ciò che è limitato e ristretto, che è l'esatto contrario di ciò che fanno gli illusionisti da circo.
Che in soldoni si traduce nel drenare tutta la ricchezza prodotta dal sistema (cioè da noi) e usarla in parte per convincere noi (cioè quelli che la producono) che il problema del fatto che stiamo diventando tutti più poveri, sta in quei quattro soldi cui il sistema politico mette le mani.
E questo lavoro infame lo fanno i giornalisti, e lo fanno quotidianamente tanto da essere riusciti a convincerci tutti.

Ripeto: il sistema dell'informazione, tramite giornalisti garzoni pagati da chi si appropria della fetta maggiore della torta, dice a tutti noi, che le falle del sistema vanno ascritte al sistema politico e allo stato -- che è quello che pone in essere l'organizzazione del sistema  -- che prende troppi soldi.

Il bue dà del cornuto all'asino.

Ma come funziona questo sistema?
E come mai la ricchezza va a finire sempre di più nelle stesse mani?

Lo abbiamo letto più sopra; senza intervenire "artificialmente" in modo anticiclico, la ricchezza (massa/energia) diventa una forza gravitazionale le cui conseguenze estreme sono dei buchi neri che distruggono tutto (le guerre).

Tutto sta andando in quella direzione; i grandi gruppi multinazionali, o se preferite internazionali (cioè sovranazionali) che occupano ogni ambito sociale (istituzioni economiche, tecnologiche, militari) stan cercando di porre in essere una serie di norme che scavalchino la sovranità (costituzione) degli stati nazionali (brutti, cattivi e nazionalisti) che si oppongono alla forza gravitazionale del potere economico.

Riporto ancora e sempre alcuni siti che mi hanno aperto gli occhi (e che quando posso ringrazio con qualche misera donazione sapendo che quei soldi sono tra quelli meglio spesi):

http://goofynomics.blogspot.it/

http://orizzonte48.blogspot.it/

Aggiungo un ottimo sito per trovare linee guida di economia.

http://gondrano.blogspot.it/

martedì 12 aprile 2016

Il minestrone dell'austerità

Ma se abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità (e ben inteso lo avremmo fatto (?) noi, mica i ggiovini), e se dobbiamo tornare ad assaporare la durezza del vivere (from Padoa Schioppa to ggiovini and proletarian poors) allora sarebbe perfetto uscire dall'euro no?!

Con la "liretta" dove andremmo? Da nessuna parte ci dicono, quindi ce ne stiamo a casa e viviamo al di sotto delle nostre possibilità.
E sempre con la "liretta" non potremmo certo permetterci di sguazzare nel petrolio e nelle materie prime no?! Quindi durezza del vivere saltami addosso e fanne ciò che vuoi della mia pessima amoralità che vorrebbe vivere dignitosamente e il più a lungo possibile.
Ma con l'austerità viviamo più a lungo o no?
E/o, viviamo più dignitosamente o no?
A me pare che su entrambi gli aspetti non sia come ce la vorrebbero far sembrare...

Mentre butto giù 'sto post (e sappiate che mi costa sempre tanta fatica, io non sono intellettuale, non sono cioè avvezzo a usare l'intelletto come professione, lo faccio perché c'è grande, profonda e colpevole carenza) sento all'autoradio che il redde rationem inizia ad andare a regime: L'ASPETTATIVA DI VITA INIZIA A CALARE!!!

Certo ci saranno sempre gli imbecilli che diranno che è colpa "d'a'coruzzzzione", oppure della mancanza di una morale IN-TE-GER-RI-MA.
Woouuuaauuuhhh, come li invidio, hanno sempre la risposta in una parola ad ogni problema; o è "'a coruzzzzione", o l'immoralità (pecca tutta italica, secondo loro).
E' una specie di lassativo; "Morale, basta la parola, tattatarattatta!"

Ecco perché mi tocca.

"""" E per la prima volta negli ultimi 10 anni la speranza di vita alla nascita arretra, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7), mentre nelMezzogiorno i valori della speranza di vita si confermano al di sotto della media nazionale. Il rapporto Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo delinea il quadro di un ‘Paese per vecchi’, dove il Pil pro-capite del Sud è la metà rispetto a quello del Nord e dove 2,3 milioni di giovani non studiano e non lavorano. E anche nell’utilizzo di Internet ci confermiamo agli ultimi posti della classifica in Europa: peggio dell’Italia ci sono soltanto Bulgaria e Romania, e pure la diffusione della banda larga nelle famiglie italiane è inferiore alla media dei 28 paesi (78% nel 2014), i valori più elevati si registrano nel nord Europa. """""

Per fortuna ho la testimonianza di chi mi vive vicino sennò sarebbe facile dire; "Ecco che arriva il'loavevodettoìo."

Eh... ma io l'avevo detto pe'ddavero, con buona pace di quelli che rosicano.
Non è difficile arrivarci, se è vero, e non può che esserlo, che noi siamo quello che mangiamo. 
L'unica dato sicuro che sia stato riscontrato su tutti i tumori è la totale mancanza di ossigeno nelle sue cellule. La trasformazione da cellula sana a cellula tumorale avviene per necessità, necessità di sopravvivenza in condizione di mancanza di ossigeno.
Ecco perché i cibi freschi hanno un'importanza fondamentale, anche se dubito che con la frenesia che ha oramai pervaso ogni aspetto della nostra vita sociale (cioè l'economia si occupa di noi 24h24, con buona pace di chi non si occupa di lei) si abbia la possibilità, per tutti, di trovare tempo quotidiano da dedicare alla corretta alimentazione.
Poi ci aggiungiamo l'inquinamento dell'aria dovuto in buona parte alle politiche di trasporto che furono programmate negli anni '50. Politiche che già allora agevolarono la lobby che faceva capo agli Agnelli che scelse (con buona pace di chi: " E' la politica che decide e l'economia segue!") allora l'impostazione del trasporto su gomma; in verità fu una scelta troppo facile vista la conformazione geografica del nostro territorio.
Anche questo passaggio sta a dimostrare che non ci si preoccupa minimamente per le generazioni che verranno.
Il trasporto su gomma ci ha messo in un duplice problema; il primo riguarda la dipendenza della nostra crescita economica da alcuni beni esteri (vedi petrolio p.es.). Il secondo ha dato al gruppo FIAT un potere economico/politico che non ha potuto far altro che distruggere la concorrenza interna indirizzando le scelte che seguirono verso il monopolio di buona parte dell'industria.
Col passaggio dell'ultima globalizzazione, l'unico grande gruppo italiano ha scelto di abbandonare questo paese, dopo averne privatizzato gli utili e condiviso le perdite, verso altri lidi dove la deflazione salariale marcia spedita al rullo del tamburo del libero mercato (tralascio la cifra esorbitante di morti sulle strade e lo scempio del territorio).
E adesso possiamo aggiungerci, tanto per non farci mancare nulla, i tagli alla sanità (informo subito i supermoralisti d'a'coruzzzzione, che la nostra spesa per la sanità è sotto la media dei paesi euro e ocse. Andatevi a vedere i dati.) che qualche defunto lo hanno fatto (sconvolgente è leggere che alcune di queste morti sarebbero dovute avvenire nel biennio antecedente (???), e invece hanno atteso per poi morire due anni dopo. Si sono ostinati a non morire. La tragedia diventa farsa).

Bisognerebbe anche che si mettano d'accordo; o siamo in troppi, e allora va bene che si facciano meno figli ma servirebbero politiche di sostegno alle pensioni, cioè spesa pubblica e allora le politiche di austerità sono una follia, oppure servono più figli e politiche di sostegno alle madri e alle famiglie e allora le politiche di austerità sono una follia.

Eh si, perché si è iniziato a fare meno figli, principalmente per due motivi; il primo è che non esistono politiche al riguardo, se fai figli ti devi anche arrangiare, ma se vuoi vivere dignitosamente, oggi devi avere almeno due redditi, ma se rimani in cinta probabilmente perdi il lavoro, e se non lo perdi poi il bambino non sai a chi mollarlo visto che in tanti non hanno i nonni a disposizione e i nido costano assai. Così piuttosto di vedere la propria famiglia arrancare abbandonata a se stessa, vittima di un patto sociale che è ogni giorno disatteso, ci si concentra esclusivamente sulla propria sopravvivenza o successo sociale e 'n'tuculu anche ai figli.

Il secondo avrebbe a che fare con la capacità umana di emanciparsi dalle libere forze del mercato delle leggi naturali che tanto ci accorciano la vita; fame, freddo, caldo, malattie, sostanze tossiche, radiazioni etc etc. Per esempio è grazie alle conquiste avvenute in campo sanitario, le quali hanno permesso di abbattere drasticamente la mortalità infantile, che è stato possibile mantenere la sostenibilità del sistema pur procreando meno. Tornando al punto primo, certo sarebbero serviti ingenti spese di welfare mirate alle famiglie che procreano piuttosto che usare cifre importanti del nostro PIL per pagare interessi fuori controllo sul nostro debito. 

Tutto il contrario di quello che si sarebbe dovuto fare; più spesa sociale per chi nasce e non pensioni più alte, e ora che la mancanza della spesa verso chi sarebbe dovuto nascere sta mostrando i risultati ecco che il sistema pensionistico crolla. Il nostro sistema pensionistico avrebbe bisogno sia di ricambio generazionale nel "mondo del lavoro", che di un economia che funziona (non vorrei che ci fosse chi crede che le pensioni vengono pagate coi soldi accantonati negli anni di lavoro, anche solo facendo un calcolo aritmetico, e lasciando perdere la questione se la ricchezza possa essere cumulata e in quale misura, anche un imbecille capirebbe che ciò non è possibile), che cresce non che crolla, ma l'austerità crea deflazione  (quella che difende il capitale dei rentier) , e la deflazione taglia i salari che a loro volta tagliano le spese delle famiglie (cioè la domanda), così poi partono gli esuberi che ritolgono reddito alle famiglie che poi hanno bisogno di sussidi, quindi lo stato deve intervenire e fare spesa pubblica per sopperire alle falle del sistema privato (leggasi libero mercato), così aumenta il rapporto deficit PIL che tanto prurito crea ai liberisticolculodeglialtri i quali hanno stabilito che debba essere 0 (zero, cioè follia pura) punto e basta, eh si, perché nel frattempo abbiamo regalato la nostra sovranità a un organismo sovranazionale al di fuori di ogni controllo oltre ad aver perso da un bel pezzo la nostra banca centrale.  Ma la  soluzione  è pronta; butto per aria quel poco di stabilità residua in zona medioriente ed ecco pronti 2 o 3 milioni  di immigrati (nominalmente migranti) carne da cannone...ehmm, carne da investimento capitale che non vedono l'ora di "integrarsi" nella  nostra società facendo crollare gli ultimi rimasugli di difesa dei salari --  società nella quale manco noi riusciamo a restare integrati.

Millenni di lotta contro le forze libere della natura, per poi soccombere a quelle del libero mercato dei capitali.Rimangiarsi tutto e farci impapocchiare da una serie di intellettualgarçon qualsiasi che sovvertono tanto sforzo sovraumano per ritornare a millantare i pregi (?) della durezza del vivere (P.Schioppa docet).

Poi vediamo di spiegare cosa succede se eliminiamo l'austerità ma manteniamo un cambio fisso.

E pensare che volevo scrivere un post bonsai...






venerdì 1 aprile 2016

La partita della morale è a somma negativa

Da dove partiamo?
Credo si debba partire dall'uso che ne viene fatto in termini divulgativi.
Stavo pensando in questi giorni a tutte quelle persone che hanno costruito una fortuna, sia professionale che economica, sulla base del moralismo.
La schiera è pressochè sterminata: potremmo partire dai cosiddetti giornalisti di cui cito solo la punta dell'iceberg in ordina sparso; Santoro, Travaglio, Rizzo, Stella, Porro, Gruber, Floris, Mentana, Lerner, Fazio, Paragone, Gabanelli, quello della 7 che non ricordo il nome, Etc Etc Bla Bla talmente tanti che sono.
Poi ci sono quelli della carta stampata che a volte sono in prestito alla tv, tipo; Gramellini, Calabresi, Colombo, Mauro, Mieli e un sacco di altri che non valgono neppure l'essere nominati.
Poi ancora quelli della radio sconosciuti ai più ma dei quali ne ho notato l'hybris ogni volta che toccavano l'argomento.
Poi anche intellettuali vari, come economisti, filosofi, rettori e via intellettualeggiando.
In base a questa traiettoria culturale sono nati diversi partiti e alcuni di quelli che già c'erano ne hanno impostato la loro base (la questione morale fu proprio il paradigma del PCI nel momento del suo massimo fulgore). Illo M5S è stato partorito da questo fulgore savonarolico durato, fino ad ora, 24 anni più o meno, ma del quale non si vede come posa terminare a breve .

Che questo paese avesse qualche problema di morale io lo notai proprio alla metà di quei famosi anni '80 da cui partì tutto.
Chiariamo subito un punto fondamentale: " 'a coruzzzzione" diffusa è un effetto, NON LA CAUSA del degrado, e in questo mantra indotto vi caddi pure io e con entrambi i piedi.
E ora vediamo se riesco a spiegare la dinamica che si scatena quando una cultura più avanzata economicamente cerca nuova linfa con la quale mantenere il dominio egemonico sulle altre.

Esistono diversi livelli di penetrazione delle culture centrali su quelle periferiche o addirittura su quelle "di campagna" (è una figura retorica).
E' una cultura centrale quella che in base alle circostanze del tempo, cioè delle dinamiche storiche, di scambi di tecnologie, circostanze climatiche, risorse naturali e nuove scoperte tecniche e/o geografiche, viene a trovarsi a dominare questo insieme di fattori.
Tanto per capirci, culture centrali lo sono state; quelle della mezzaluna fertile, quella egiziana, quella greca, quella romana, e poi un insieme di quelle centroeuropee con prevalenza teutonica, poi una parentesi spagnola, poi una commistione anglofrancoteutonica con prevalenza inglese (per stare dalle nostre parti)  tanto per metterla giù facile facile, così, tanto per capirci.
Come sempre è successo le periferie sono terre di conquista (non parliamo neppure di quelle che per circostanze che non è il momento di spiegare ora, sono rimaste ad un livello economico  elementare -- senza farne una questione di superiorità o inferiorità), nei tempi passati la conquista avveniva fisicamente, oggi questo non è più perseguibile per una questione di forma, ma lo è ancora nella sostanza.
In fondo se ci pensiamo bene, lo scopo delle conquiste è quello di potersi appropriare delle ricchezze di quella civiltà; oggetti preziosi, materie prime, schiavi, ed eliminare o cooptare le menti migliori. Una volta fatto questo, a quelle civiltà non resa null'altro che assoggettarsi alla forza dell'invasore che inevitabilmente spazzerà via le basi di quella cultura --  in buona sostanza la sua identità.

Allora, qualcuno è in gradi di spiegarmi, nella sostanza, la differenza che passa tra quelle conquiste "fisiche" e quelle odierne, cioè basate sull'economia?
Prendiamo il nostro caso, stiamo parlando di quella che mica tanto tempo fa era arrivata ad essere la sesta economia mondiale, quindi non di un paese troppo arretrato economicamente.
Facciamo mente locale; tramite una serie di trattati internazionali di varia natura ma soprattutto economici a cui noi abbiamo scelto (?) di partecipare, sono andate a regime, via via sempre più restrittivamente, circostanze di dinamica economica e, a seguire, politica, in base alle quali ci siamo indebitati alle condizioni dettate da altri, ai quali abbiamo, via via in ordine di grandezza maggiore, devoluto il frutto dei sacrifici del nostro lavoro.
Eh si, perché nonostante ci dipingano come fanfaroni e mafiosi, l'Italia, come interessi, avrebbe ripagato ampiamente tutto il suo debito.
Quello che non vogliono raccontarvi è che certi livelli di interesse sul debito abbiamo dovuto pagarli per una scelta compiuta a fine anni'70 facendo diventare la nostra banca centrale una banca che al posto di servire il popolo italiano e il suo benessere, promulgando politiche di piena occupazione, le quali sono previste dagli articoli più importanti e FONDAMENTALI DELLA NOSTRA COSTITUZIONE, ha servito gli interessi del capitale internazionale (qui agli internazionalisti del sogno della "pace nel mondo" dovrebbero fischiare le orecchie, invece...) che ci hanno succhiato linfa vitale pur mantenendo alto il nostro debito e distruggendo pezzo dopo pezzo il nostro apparato industriale e il nostro tessuto sociale.
Lo so, è difficile comprendere il disegno completo e le sue dinamiche. Più sotto viene spiegato a grandi linee il ciclo di Frenkel, che è uno dei modi col quale il grande capitale assoggetta le masse povere delle nazioni. Ma quella forma di vincolo può funzionare anche in modo non così stringente, cioè in una forma soft, esattamente come per l'Italia degli anni '80 e '90.

Ma occupiamoci della periferia, cioè noi.
Qualcuno ha mai sentito parlare del ciclo di Frenkel? Alcuni sicuramente, ma questo post è per coloro che per la prima volta si occupano di economia, anzi, di macroeconomia (per chi non volesse proprio crederci, comunico che la finanza è economia, non per mia decisione, ma per attributi propri. Anzi è diventata giocoforza parte preponderante della macroeconomia e non per cicli dovuti chessò, alle macchie solari o all'allineamento di certi pianeti, ma per scelte generali di politica economica --  e mettere la testa sotto la sabbia non aiuta).
Tanto per capirci, tutto quello che sta sotto (che è più piccolo come ordine di grandezza) alla macroeconomia segue inevitabilmente le linee della macro. E' come su una navicella spaziale, tu puoi anche andare verso Alfa Centauri camminando verso coda, ma se la navicella va verso Cassiopea, tu vai a Cassiopea (in verità non so se stanno agli opposti, ma il senso è quello).

Quello che ci interessa è questo:
Il ciclo di Frenkel (noto anche come ciclo di Frenkel-Neftçi fin dalla sua prima citazione in letteratura) è una teoria dell'economista argentino Roberto Frenkel che descrive ciò che avviene quando un Paese economicamente meno sviluppato si aggancia alla valuta di un'area più forte[1], ed in assenza di interventi politici che compensino gli squilibri; quindi una situazione di area valutaria ottimale inefficiente o non ottimale.
Il modello, inizialmente formulato con riferimento alla dollarizzazione dell'Argentina (vedi anche crisi economica argentina) durata fino al 2001, viene ora talvolta citato[2] per spiegare la crisi in corso in Europa in seguito all'adozione dell'euro[3]
Il ciclo si svolge in sette fasi:
  1. Il Paese accettando l'unione monetaria, liberalizza i movimenti di capitale.
  2. Affluiscono i capitali esteri, che trovano conveniente investire in un Paese dove i tassi di interesse sono più alti, ma è venuto meno il rischio di cambio.
  3. Il flusso di liquidità fa crescere consumi e investimenti, quindi crescono Pil e occupazione.
  4. Tuttavia aumentano anche l'inflazione e il debito privato; inoltre si creano bolle azionarie e immobiliari.
  5. Un evento casuale crea panico tra gli investitori stranieri, che arrestano i finanziamenti.
  6. Inizia la crisi: si innesca un circolo vizioso tra calo del Pil e aumento del debito pubblico. Il governo taglia la spesa pubblica o aumenta le tasse, aggravando la recessione.
  7. Il Paese è costretto ad abbandonare il cambio fisso e a svalutare.
La conclusione naturale del processo è l'uscita dal regime di cambi fissi tra le due monete. (da wiki).
Aggiungo io per dovizia di informazione, che anche le cosiddette tigri asiatiche (Corea del sud, Thainlandia e Malesia), negli anni '90 subirono il medesimo trattamento, ma la lista non finisce qui.
Ora, lasciando perdere tutta la parte tecnica che aprirebbe parentesi di ogni geometria, quello che a noi interessa capire è che la nostra arretratezza economica relativa (non dovuta a inettitudine morale, ma a questioni storiche, geografiche, poltiche e culturali), ha reso il nostro paese appetibile alla penetrazione dei grandi capitali del centro Europa e del mondo anglosassone in primis.
Non è forse chiaro a tutti che dove arrivano troppi soldi si perde il senso,  il significato e le autentiche motivazioni che stavano all'origine di quella identità particolare?
Lo possiamo notare ovunque ciò sia accaduto, per esempio nello sport, nella televisione e anche a livello di piccolo paesello e perfino a livello famigliare. Quando iniziano a girare troppi soldi e facili, tutto si degrada, ovunque capiti, anche dove pare vi sia una rettitudine consolidata.
Lo vedete, il processo segue una traccia; arrivano i soldi (a livello macroeconomico si chiamano capitali) e la società, il paese, le famiglie si degradano, smarriscono il senso di ciò che li rende un insieme, smarriscono tutta la fatica fatta e che li ha uniti perdendo con essa le basi della propria identità, e il tutto ceduto per pochi spicci e qualche chincaglieria.
A livello macroeconomico la lotta è diventata ( forse lo è sempre stata, ma oggi travalica abbondantemente il concetto di identità nazionale) tra classi. La classe dirigente del paese arretrato vuole vivere come quella del paese avanzato, pensa di meritarselo e si chiede come mai al lui sia toccato un popolo così ignorante, caprone e buzzurro, a lui che sa di poter partecipare alle più alte vette dello stile di vita mondiale.
Lo capite bene che queste sono miserie umane di egoismo sfrenato e sopravvalutazione di se stesso.
Così svende una parte della forza lavoro della nazione, oppure delle sue infrastrutture, del suo sistema bancario, oppure delle sue materie prime, o anche delle sue bellezze naturali o tutte queste cose messe insieme alle classi dominanti dei paesi dominanti in cambio di qualche privilegio per poter far parte del club che conta a livello mondiale, e il metodo è semplice: ti indebitano coi loro soldi non coi tuoi. Infatti se potessi farlo coi tuoi di soldi, saresti tu a decidere cosa farne del tuo debito, ma nel momento in cui la banca del tuo paese non può più finanziarti ad un tasso che agevoli l'occupazione quando serve, tu sei costretto a ottenere capitali solo alle condizioni dettate dal libero mercato (sul quale nulla puoi).
Ora, serve a qualcosa tutto questo moralismo ipocrita dato che proprio loro, i supermoralisti, sono stati i primi ad approfittare delle condizioni favorevoli del mercato facendosi pagare gran soldoni per farci sentire delle merdacce? 
Sono solo dei piccoli garzoni di bottega che per una mancia raccontano al prete tutti i peccati e lo stato dei debiti dei parrocchiani.
Ma anche guardandola dallo stretto punto di vista politico/giuridico, non è possibile non notare come a livello morale c'è sempre qualcuno che ce l'ha più lungo del tuo (il senso morale...eccheavevicapito ahh) e che a giocare questa partita si perde tutti.
Già una volta è successo, provate a rifletterci, che una partitona a livello morale si giocò in Europa e il risultato furono mille anni di oscurantismo, ignoranza, povertà, malattie, cavallette....(ah no, le cavallette no, quelle arrivano solo se ci togliamo da questa trappola assurda dell'euro) anche a quel tempo la morale permeava ogni aspetto della società ed era lo scopo primo da perseguire. Anche allora gli uomini potevano attingere a piene mani dal libero mercato della morale; chi più ne aveva più comandava, e l'uomo è ripombato ad un livello di ignoranza risalente a qualche millennio nel passato. Oggi è il libero mercato dei capitali.
La morale assoluta è la nemesi dell'economia, così come il suo opposto; la totale mancanza di una morale. Il risultato è il medesimo; povertà diffusa.
Quindi piantiamola con questo assurdo gioco del massacro all'italiano, ma soprattutto facciamola piantare a tutta quella allegra combriccola dei nostri intellettualeconomistigiornalisti che, o per ignoranza o per interesse ci sputano in testa dai loro elevati pulpiti informatici, ci avessero avvisato allora che arrivava l'orco magari avremmo tenuto le chiappe un pelo più serrate no?!

Quando senti parlare un moralista, digli di smettere, ne va della nostra salute.