giovedì 5 maggio 2016

La cura della cultura (filosofia e/o costituzione. cit)

Chi vuol comprendere un testo (o un concetto. nota mia) è inanzi tutto disposto a farsi dire qualcosa da esso: una conoscenza ermeneuticamente educata deve pertanto essere sin dall'inizio sensibile all'"alterità del testo".
Una tale sensibilità non presuppone però ne una obiettività neutrale, ne tantomeno un oblio di sé, ma include e tematizza l'acquisizione dei propri presupposti e pregiudizi.  (H. G. Gadamer)

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(...) La questione ora vista (interpretazione dei trattati internazionali) deriva in realtà da uno dei problemi  più indagati dalla teoria generale del diritto. Sul quale si sono cimentati non solo i più illustri filosofi del diritto italiano (Betti, Calcaterra, Bobbio), ma che è stato decisivamente indagato dai pensatori tedeschi.
Con conclusioni interessantissime, che partono da Aristotele, Cicerone, Ulpiano, e Leibniz (per citarne alcuni) e sono culminate nel concetto di "precomprensione", intesa come "anticipazione del senso dell'interpretazione anteriore, cioè pregiudiziale alla stessa lettura del dato informativo.
Il concetto di precomprensione lo dobbiamo, in particolare a Gadamer, e, per alcune rielaborazioni a Wittengstein, e a Viehweh.

(...) L'interpretazione in quanto tale non è mai un fine ultimo. Si interpreta al fine di comprendere. Ma a sua volta il comprendere, a differenza del conoscere puro e semplice, ha un carattere pratico, cosicchè esso porta in se le ragioni per ci si vuol comprendere. Anzi, queste ragioni precedono il comprendere e contribuiscono a determinare e orientare la precomprensione.
L'interpretazione come attività acquista un senso proprio perché avviene all'interno di una preliminare comprensione, che è il vero e proprio luogo del senso. Di conseguenza la precompresione precede e condiziona l'interpretazione, che a sua volta la sviluppa, la corregge e la libera dai fraintendimenti. (...)

Viehweg, nella sua fondamentale opera, "Topica e giurisprudenza", aggiunge poi un tassello importante che ci fa capire come "l'anticipazione pregiudiziale del senso" delle norme, discendendo da un condizionamento politico, psicologico, sociale -- inteso come riflesso degli assetti dominanti sulle "ragioni del comprendere del singolo interprete --  sia particolarmente pericolosa, in quanto l'interpretazione giuridica, cioè delle norme, è al fondo collegata ad un problema perenne che è quello della giustizia. 

L. B. Caracciolo
                                                                                                  (non è "roba" mia!)

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Ora, due banali considerazioni.
La prima è che la lettura della costituzione non è la lettura di "carta straccia" o di "vecchi arnesi arrugginiti".
E', al contrario, quanto di più importante oggi abbia l'essere umano inserito in un contesto sociale! L'unica cosa che avrebbe il potere di emanciparlo dalle forze determinanti la sua esistenza.
E' filosofia manifesta e "attrezzo" intellettivo insuperabile nelle mani dell'uomo che esercita una delle cose più importanti che ha: IL LIBERO ARBITRIO (se è stato capace di preservarlo e tenerlo pulito dall'ammasso di ciarpame ideologico e di ipocrita politica cui tutti i giorni siamo sottoposti).

La seconda è che quella precomprensione di cui si parla sopra è oramai diventata dilagante ad ogni livello di rapporto sociale  determinando l'atteggiamento e le scelte che le persone compiono anche in situazioni che dovrebbero rimanerne immuni quali la cultura in ogni sua accezione, e mina alla base l'unico esercizio che porta sulla strada della Libertà; il libero arbitrio.

Ieri mi ha fatto capire cosa è la Libertà, e l'ho capito (stamattina) osservando (ieri) persone (meno una) che ne erano agli antipodi e che hanno sistematicamente applicato la precompensione alla realtà che li circondava agendo "telecomandati" da "forze" che li guidavano in "automatico", senza applicare nemmeno per un misero secondo l'unica cosa che li emanciperebbe anche dalla propria parte ontica: la possibilità di scegliere. Vedere una persona (e non intendo me) che nonostante il tentativo di portare argomentazioni attinenti e circostanziate veniva sovrastata da un improvviso rush ideologico, subalterno e ignorante (nel senso che ignora) è stata un'immagine del massimo significato, soprattutto perché a fine serata avevo la corteccia d'oca al cervello (per cui le ringrazio e ringrazio infinitamente anche la loro inconsapevolezza).

La Libertà è esercitare la propria possibilità di scelta senza lasciarsi "portare altrove" dalle forze "meccaniche" e deterministiche che agiscono attorno a noi, e si chiama: Libero Arbitrio.

Non intendo fare l'elogio della Libertà, non è un qualcosa di assoluto, oppure qualcosa che sicuramente porta bene, felicità e sciallo, non sono queste le sue prerogative. Sotto un certo punto di vista è una cosa come un'altra, sotto altri punti di vista è ingombrante, pesante e faticosa. Eh si.

Ma dal punto di vista ontologico è....un Universo intero.

(Non dimenticherò mai questa mattinata)


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