lunedì 12 ottobre 2015

Augusto Graziani 1

Faremo parlare Graziani che di quegli anni ha fatto un'ottima e sintetica analisi.  

"""  Un punto di partenza di questa ricostruzione, forse, possiamo trovarlo in quello che, con un termine un tantino esagerato e drammatico, potremmo chiamare il capovolgimento della politica valutaria del nostro Paese nel 1979, l’anno dell’adesione al sistema monetario europeo.
Negli anni precedenti al ‘79, le autorità monetarie italiane avevano seguito la famosa linea della svalutazione differenziata, approfittando del regime di cambi flessibili (che tecnicamente consentiva questa manovra), cercando .di tenere la lira tendenzialmente svalutata rispetto all’area del marco, in maniera da favorire le esportazioni e cercando, invece, di ridurre la svalutazione nei confronti del dollaro, per ridurre il costo delle importazioni. Attraverso questa manovra del cambio, in quegli anni di cambi flessibili sul piano internazionale e di continua inflazione che le autorità sembravano disposte ad accordare, si era messa in moto una spirale di svalutazione e inflazione, di aumenti dei salari monetari, con probabile riduzione dei salari reali che, in fondo, favoriva gli esportatori e gli imprenditori in generale. """"
Non c'è bisogno di spiegare, Graziani lo sa fare molto bene. Solo fare qualche considerazione a posteriori per cercare di comprendere le scelte di quegli anni.
Intanto grazie al Prof Bagnai adesso sappiamo che furono più le volte che rivalutò la Germania che quelle che svalutò l'Italia, per 4 a 2 (uno dei pochi casi in cui ci battono).
Sappiamo che l'inflazione è dovuta in buona sostanza all'aumento delle materie prime, soprattutto alla voce petrolio che aumentò del 400% nel '75 se non sbaglio, e del 200% nel '79.L'inflazione arriva soprattutto   da lì.  Poi dice "...con probabile riduzione dei salari reali etc etc". Quindi non c'è sicurezza che i salari reali stessero perdendo potere d'acquisto, lo ipotizza. Diciamo che favoriva sicuramente gli imprenditori e gli esportatori.
Di sicuro c'è che la soluzione era quella: inflazione e poi svalutazione, non l'inverso, perché il "meccanismo" era; alzo il prezzo e provoco inflazione, i sindacati chiedono di adeguare, il prezzo dei miei beni cresce e ne vendo meno all'estero ma al contempo i beni esteri costano meno quindi compro moneta estera, ho un disavanzo della bilancia commerciale, stampo moneta e svaluto.

""" Dopo il ‘79, viceversa, con l’adesione al sistema monetario europeo, il rapporto di cambio con il marco doveva essere tenuto tendenzialmente stabile e quindi la politica valutaria si è mossa entro vincoli molto diversi. A partire dall’’80, poi, il dollaro, invece di svalutarsi rispetto al marco, aveva iniziato la sua corsa ascendente che è durata fino a poche settimane or sono. """

Dall''80 poi cambia tutto; bisogna tenere il cambio col marco (siamo entrati nello SME) e il dollaro si rivaluta su tutte le altre monete e visto che il petrolio e tutte le materie prime si pagano in dollari la situazione inizia a farsi tesa.
In pratica non abbiamo più una moneta nostra, cioè non possiamo più fare scelte di politica monetaria. Siamo in competizione diretta con la Germania e, diciamolo chiaramente, a livello economico non possiamo competere con loro (ma in Europa non lo può fare nessuno tanto per intenderci, non è perché siamo Italiani sfigati).
In quegli anni occorreva fare scelte diverse, ma ancora prima dell''80, e cioè non ci si doveva mettere nelle mani del mercato privandoci della nostra banca (ma questo lo vedremo più avanti).
Si è preferito obbedire ai "padroni" dell'economia mondiale che avevano deciso un cambio di indirizzo generale.
E qual'era questo cambio operativo? Sconfiggere l'anticapitalismo di matrice marxista che iniziava a prendere piede ovunque vi fosse un cambio generazionale.
Solo oggi ci è possibile cogliere appieno le dinamiche di questo cambio di passo che è stato quello di lasciare sciolte le briglie al grande capitale, lanciarlo al galoppo e lasciare che facesse il suo sporco lavoro.
Ma stiamo divagando.

 """ Oggi, viceversa, con la politica del cambio esterno stabile, specialmente nei confronti delle valute europee, l’atteggiamento degli imprenditori verso l’inflazione si è capovolto. Oggi l’aumento dei prezzi interni non può più essere trasferito prontamente in una svalutazione della lira e, quindi, si riflette immediatamente in una perdita di competitività sui mercati. """
Sta scrivendo nell''85.

Non è più possibile avere un'inflazione che contrasti gli aumenti salariali, ora l'inflazione si trasmette sul prezzo del prodotto e la prima cosa è tenere sotto controllo l'inflazione (anche se col dollaro che rivaluta è inevitabile averne comunque).


""" Oggi, la politica della Banca d’Italia è radicalmente cambiata. Oggi, le autorità monetarie assumono come una conseguenza inevitabile il disavanzo nella bilancia commerciale e fanno una politica di tassi d’interesse elevati, proprio per attirare capitali dall’estero e per impedire fughe di capitali — le due cose convergono sullo stesso obiettivo — che compensano il disavanzo nei movimenti di merci.
L’Italia è diventata rapidamente uno dei Paesi più indebitati del mondo, certamente uno dei più indebitati dei Paesi industrializzati. Se questa sia una politica saggia o no. lo vedremo evidentemente negli anni futuri. Quello che, però, si può dire è che se l’Italia è riuscita in questa politica, diciamo pure ardita, di governare un disavanzo nei movimenti di merci e pilotare al tempo stesso un avanzo equivalente nei movimenti di capitali, questa operazione non può riuscire soltanto giocando di speculazione sui tassi d’interesse. Si può realizzare evidentemente solo nell’ambito di un consenso internazionale Tutti noi ricordiamo quando, una decina d’anni fa, le grandi banche internazionali avevano convenuto che l’Italia non fosse più un Paese degno di fiducia: esisteva un rischio Italia, non si facevano più prestiti all’Italia. Oggi il clima, diciamo pure il clima politico internazionale che circonda l’economia italiana, è totalmente cambiato. Con questa ondata di indebolimento del sindacato, di craxismo, di reaganismo (chiamiamolo come vogliamo), l’Italia è diventata un Paese per bene. È diventata un paese al quale si possono confidare i propri capitali finanziari e, quindi, è vero che, da un lato, le imprese italiane pubbliche e private vengono incoraggiate a cercare prestiti su mercati esteri; è vero che le banche italiane vengono incoraggiate ad indebitarsi verso le banche straniere; però è anche vero che tutte queste richieste di credito trovano all’estero dei finanziatori pronti e generosi. È altrettanto vero che i grandi istituti bancari del mondo occidentale sono lietissimi di aprire crediti al mondo finanziario italiano. """

Ed ecco che ci siamo, siamo arrivati al punto centrale del discorso.
Per compensare il disavanzo della bilancia commerciale con l'estero si sono dovuti alzare i tassi d'interesse o saremmo rimasti con le casse quasi vuote (cosa che capiterà di li a sette anni), cioè i nostri beni erano diventati costosi all'estero mentre quelli esteri erano competitivi da noi; poche esportazioni e molte importazioni (Per poter ricevere i capitali l'Italia ha dovuto entrare nello SME e agganciare la propria moneta alle altre, ma se spendi più di quello che entra, o monetizzi il debito o fai altro debito... semplice come un buongiorno).
Ma non potevamo più monetizzare il debito, la "nostra" B.C. da allora fino ad oggi non fa più gli interessi della nazione ma solo quelli delle banche che la posseggono.
A quel tempo si sarebbe dovuto svolgere un dibattito democratico e informare il popolo sui diversi percorsi possibili. Era chiaro gia allora che l'integrazione europea, fatta nel modo peggiore possibile, cioè partendo da quello che è l'ultimo fattore aggregante di una civiltà: la moneta, avrebbe condotto (l'italia) al disastro -- vedere gli interventi di Napolitano e di Spaventa, entrambi nel '78 mi pare, che già allora avevano spiegato bene cosa sarebbe successo: deflazione salariale e lavoro nero. --.

Negli anni '70 i paesi del terzo mondo pagavano interessi altissimi per ottenere credito (come siano andati a finire lo vediamo oggi) e l'Italia non era più così affascinante per il capitale dato che se monetizzi il debito svaluti la moneta e i creditori ottengono meno interesse reale.
Ecco che allora si sarebbe dovuto fare delle politiche nazionali e non internazionali, rallentare sulle aperture delle  frontiere del mercato e sfruttare al massimo la nostra posizione strategica nel mare che media tra le civiltà che ne compongono il contorno -- e che resta la zona più importante nella storia dell'uomo moderno classico checchè se ne dica, punto --
Invece fu molto facile mettersi nelle mani del mercato e ottenere credito facile. 
Ma gli interessi, chi li paga? E cosa comporta avere credito facile senza peraltro poter gestire la propria moneta?

Proverò a spiegarlo nei prossimi post sempre cercando di analizzare le parole di Graziani.




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